Immaginiamo che un funzionario proveniente da un paese straniero più avanzato del nostro inciampi in un atto amministrativo di una qualsiasi PA italiana. Cosa penserà? Di certo di aver fatto una sensazionale scoperta archeologica. Abituato a lavorare in un contesto in cui le decisioni pubbliche sono completamente dematerializzate, crederà di avere tra le mani un cimelio degno di fare bella mostra di sé in qualche bacheca col fondo di velluto rosso. E invece no. Rimarrà deluso quando scoprirà di possedere un documento emesso solo qualche giorno prima, magari in unico originale cartaceo, e quindi prezioso più che altro per il poveretto che lo ha perso.
Ma guardiamo i nostri sistemi di gestione degli atti amministrativi. Ormai tutti sono attrezzati per l’inserimento dei dati contabili. Tuttavia, anche quando si sceglie di utilizzare queste funzioni (non tutti lo fanno!) rimane sempre l’obbligo di stendere un documento cartaceo (perché una stampa .pdf altro non è che una fedele rappresentazione cartacea). Vale per delibere, determine, liquidazioni, ecc.
Che senso ha continuare a produrre documenti cartacei pieni di richiami normativi, premesse, distinguo e magari carenti proprio nella parte decisoria, l’unica che dovrebbe essere evidenziata e resa il più possibile chiara e limpida agli occhi di chiunque.
Atti oscuri, complessi, infarciti di rinvii, spesso scritti in un italiano ambiguo, confliggono con gli ideali di amministrazione aperta e trasparente, che dovrebbe rendere i propri servizi in modo comprensibile per i suoi destinatari. Rendono vaga ed incerta l’attribuzione dei diritti e mettono in difficoltà anche i giudici.
Ma torniamo un attimo al nostro funzionario “alieno”. Come lavora lui? Dove le scrive le decisioni? Come gestisce le risorse pubbliche? Usa i sistemi informatici senza creare documenti cartacei. Decide di autorizzare, concedere contributi, approvare progetti, ecc. semplicemente cliccando sul pulsante di un applicativo, e subito il destinatario della decisione viene a sapere che ha ottenuto quello che ha richiesto o che invece gli è stato negato.
Lo so che c’era più poesia con la carta pergamena, la firma con la penna stilografica, il timbro e il punzone… Lo so che qualcuno rimarrà deluso e dirà: ma come, tutto qui? Lo so che molti pensano che se non si vede e non si tocca quello che facciamo sembra che non facciamo niente. Ma so anche che perdiamo un sacco di tempo e di soldi in riti polverosi ed inutili.
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