Doccia fredda per i difensori dei privilegi della politica. Con un parere del 3 agosto, la Commissione Speciale del Consiglio di Stato è scesa in campo e ha fissato alcuni paletti importanti. Interpellati su impulso del Senato, i giudici amministrativi hanno chiarito che in questa tormentata materia è possibile intervenire anche in modo retroattivo.
E non solo con legge, ma anche con regolamenti “minori”, e cioè semplici delibere. La legge sarebbe comunque lo strumento da preferire. Nella gerarchia delle fonti, in forza dell’autonomia normativa che la Costituzione riconosce a ciascuna Camera, i regolamenti parlamentari hanno lo stesso valore primario attribuito alla legge ordinaria, ponendosi con essa in un rapporto di parità e insieme di specialità.
Quanto al rischio di illegittimità costituzionale di una eventuale legge, Palazzo Spada ha focalizzato l’attenzione sul legittimo affidamento del cittadino rispetto alla sicurezza giuridica, che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, può essere inciso solo da una “causa normativa adeguata” e per una “inderogabile esigenza”, senza dimenticare il “necessario bilanciamento” tra l’interesse pubblico alla base del taglio dei vitalizi, e i diritti dei privati.
Ma sono anche altri i muri che la battaglia ai privilegi deve abbattere, e alcuni sono addirittura in ambito europeo. La CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), protegge la proprietà sia con riguardo alle posizioni già acquisite, che rispetto alla legittima aspettativa della loro acquisizione. E per beni patrimoniali sono da intendersi anche i crediti. Contro un simile armamentario di tutele si può però intervenire anche in modo retroattivo, purché lo si faccia con il supporto di una base legale. L’interesse generale a supporto del “taglio” deve quindi essere legittimo. Quando alla base dell’intervento normativo c’è l’esame di questioni politiche, economiche e sociali – sostiene la Commissione Speciale – è generalmente concesso allo Stato un ampio margine di apprezzamento ai sensi della Convenzione, soprattutto quando si tratti di misure generali di strategia economica, sociale o fiscale, che però non appaiano “manifestamente prive di ragionevole fondamento”.
In aiuto dei sostenitori dei tagli ai vitalizi arriva la casistica in tema di contributo di solidarietà a fini pensionistici, da intendersi come misura forte mirata a ripianare le falle del sistema previdenziale e a sostenere i più deboli. Insomma, i giudici evidenziano che possibili riduzioni dei privilegi dei parlamentari a riposo, se così si può dire, non sono sganciate dalla realtà economico-sociale, della quale anche i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli. Ma c’è di più. Il parere non si fa scrupolo di chiarire che un possibile “prelievo”, per essere legittimo, non potrà che rivolgersi alle pensioni più elevate, salvaguardando il principio della pensione minima. Sembra allora non ci sia scampo per gli ex parlamentari.
Relativamente alla possibile responsabilità risarcitoria nel caso il taglio dovesse successivamente essere dichiarato illegittimo, il Collegio ha tranquillizzato i componenti del Consiglio di Presidenza: l’attività politica è libera nei fini e non produce danni qualificabili come “ingiusti” a fini risarcitori.
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