Che cos’è la prescrizione e a cosa serve? La prescrizione è una sconfitta dello Stato. Dopo un certo numero di anni che una persona si trova nella morsa della giustizia senza aver ricevuto una condanna definitiva, lo Stato alza bandiera bianca, e il processato torna ad essere un libero cittadino. Non è stato assolto, non è stato condannato. Semplicemente, il sistema non è riuscito a risolvere il suo caso nel tempo previsto, e allora, attraverso la prescrizione, è il sistema stesso a dichiarare il proprio fallimento.Pensiamo a reati odiosi e diffusissimi come il furto, la violenza carnale o la corruzione. Grazie alla prescrizione, sono in molti a farla franca.
E allora che si fa? Si pensa a bloccare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Così, si dice, non c’è più il rischio di vedere impuniti i colpevoli. Non si pensa che forse sarebbe il caso di intervenire a monte, accorciando i processi. No, si parte sempre dalla fine. Chiediamoci perché un fascicolo rimane anni sulla scrivania di un pubblico ministero, e altri anni nell’armadio di un giudice per le indagini preliminari. Chiediamoci come mai l’Italia è diventata ormai un caso mondiale per i tempi infiniti della sua giustizia.
Sono circa 130.000 i processi penali che saltano ogni anno grazie alla prescrizione. Il 70% di questi procedimenti si impantana nella fase delle indagini preliminari, quindi ben prima di andare a sentenza. Il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado impatterà sul restante 30% dei casi, e cioè su circa 40.000 giudizi, che comunque andranno ad appesantire ulteriormente il carico di lavoro degli uffici giudiziari, già al collasso nella situazione attuale. Senza una riforma che riduca i tempi della giustizia, il risultato paradossale sarà che tutti i processi dureranno ancora di più, perché alla mole di lavoro già asfissiante, i magistrati dovranno aggiungere anche questi altri 40.000 procedimenti che finora finivano nel cestino. Gli attuali governanti sembrano averne preso coscienza, e la soluzione, come sempre di compromesso, è di applicare il blocco della prescrizione dal 2020. Per quella data, si favoleggia, sarà pronta una riforma della giustizia di portata epocale, che snellirà i processi e dunque darà senso al blocco della prescrizione. È già, c’è proprio da crederci, quello che non si è fatto in cinquant’anni lo si farà in uno.
Nel Paese che ha quasi 250.000 avvocati e meno di 7.000 giudici, per non parlare delle condizioni in cui si trovano gli uffici amministrativi dei tribunali, la ricetta sembrerebbe relativamente semplice: snellire le attività, informatizzare le procedure, ridurre gli adempimenti inutili, potenziare gli organici, prevedere forme alternative al giudice togato per i cosiddetti reati minori, che sono anche i più diffusi, ma senza depenalizzare. Perché tutto questo non si è mai fatto prima? Si ha forse paura del processo breve? Si temono le conseguenze di una giustizia che funziona? Il legislatore cosa pensa del processo? Pensa che oggi la galera tocca a te e forse domani a me, e allora è meglio che non tocchi a nessuno? Anno dopo anno, questo sistema sta collassando su sé stesso, e a rimetterci è sempre il cittadino. Giustizia è sfatta ancora una volta, ma dal 2020.
Rispondi