Cannabis light, giro di vite del Viminale

Cresce il giro d’affari della Canapa “light” e si infiamma la polemica, tra drastiche prese di posizione in sede politica e sempre maggiore espansione dei punti vendita sul territorio. Nonostante si tratti di un prodotto che può vantare anche una disciplina legislativa, il Viminale non ha mancato di sottolineare la propria contrarietà allo sviluppo di questo innovativo mercato, ritenendo che la sua diffusione rappresenti un pericolo, introducendo il consumatore verso il mercato degli stupefacenti veri e propri.

La cosiddetta Canapa light (Cannabis Sativa) altro non è che la tradizionale Canapa diffusa da sempre nel mondo contadino, la cui diffusione è promossa dalla legge n. 242/2016 (Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa) allo scopo di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione. Altra cosa è invece la Cannabis Indica. La differenza più marcata tra le due specie vegetali è costituita dal Delta-9-tetraidrocannabinolo, in sigla THC, sostanza psicotropa presente ad alto dosaggio nella Cannabis Indica e non nella variante Sativa, se non in concentrazioni più basse.

Il Ministero dell’Interno ha chiarito in una Circolare che è in atto la tendenza a pubblicizzare come consentita dalla legge n. 242/2016 la vendita di derivati e infiorescenze di Cannabis. Di qui la crescita esponenziale del relativo mercato, in esercizi commerciali dedicati o misti, nonché on-line. In realtà – continua il provvedimento – tra le finalità della coltivazione della canapa industriale non è compresa la produzione e la vendita al pubblico delle infiorescenze, perché potenzialmente destinate al consumo personale in quantità significative, attraverso il fumo o analoga modalità di assunzione.

Per il Ministero, la commercializzazione al minuto delle infiorescenze della canapa può comportare gravi ricadute dal punto di vista dell’assunzione senza controllo di sostanze psicotrope. La battaglia, com’era prevedibile, si è spostata sui banchi dei tribunali, dove per adesso sembra averla spuntata l’interpretazione ministeriale. Ad ingarbugliare ulteriormente il quadro, le diciture apparse sulle confezioni dei prodotti, che non ammettono l’uso mediante combustione. Insomma, la Canapa si può comprare ma non si potrebbe “usare” se non per collezionismo. Si attende, un po’ su tutte le questioni, un pronunciamento definitivo della Cassazione.

Per adesso, il Viminale intende fronteggiare il fenomeno con più controlli sui requisiti dei locali e, più in generale, tenendo monitorata la crescita dei punti vendita sul territorio, coinvolgendo i Comuni che rilasciano i permessi. Inoltre, come per la lotta alla ludopatia, si dovranno introdurre limiti di distanza di cinquecento metri da luoghi sensibili.

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