La Regione Liguria ha introdotto una disciplina dell’Home restaurant all’interno del suo Codice del commercio (L.R. n. 1/2007). Il nuovo articolo 51-ter, prevede che “costituisce attività di home restaurant l’evento caratterizzato dalla somministrazione di alimenti e bevande che viene effettuato presso la propria abitazione da parte di persone fisiche”. Sappiamo bene che l’Home restaurant non è un evento, ma un’attività di somministrazione di alimenti e bevande in abitazione privata.
Ridurre il fenomeno degli home restaurant a iniziative promozionali o manifestazioni, in definitiva al solo “social eating”, è troppo limitativo. La maggior parte delle persone che offrono questo tipo di servizio non intende realizzare un evento, ma semplicemente servire un pranzo o una cena nel caratteristico e intimo contesto della propria casa privata. L’impostazione del Legislatore ligure – a cui comunque va riconosciuto il merito di aver tentato una disciplina per un settore che ancora ne è privo – entra in crisi proprio quando la norma stessa, al successivo comma 2, fa rinvio alla modulistica unificata nazionale, che in realtà intende correttamente l’Home restaurant come una delle tante tipologie di somministrazione, di cui i tradizionali pubblici esercizi non sono mai stati l’unica. E poi le limitazioni continuano nelle delibere successive alla legge: non più di quindi ospiti a sera, non più di dodici eventi l’anno.
Non si può definire l’Home restaurant un evento, e poi chiedere ai cittadini di usare un modulo che invece riguarda attività che possono svolgersi anche tutti i giorni.
La disciplina ligure sembra riportarci ai tempi in cui, nel 2017, il Parlamento ha provato a scrivere una legge sull’Home restaurant, ma anche qui le troppe restrizioni hanno provocato gli strali dell’Autorità Antitrust, che con la Segnalazione AS 1365/2017 ha pesantemente bocciato una proposta ritenuta limitativa della concorrenza tra imprese. Infatti, gli interventi di disciplina normativa dovrebbero promuovere la concorrenza e non affossarla, favorendo la nascita di nuovi mercati. D’altra parte è l’Europa a chiederci di favorire le attività dell’economia collaborativa, in quanto offrono ai singoli cittadini opportunità di prestare servizi, incentivano nuove forme di occupazione, flessibilità del lavoro e nuove fonti di reddito (Comunicazione della Commissione europea – Un’agenda europea per l’economia collaborativa. Bruxelles, COM 2016 356 final del 2 giugno 2016).
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